L'amore al tempo dell'ansia.

    C'è una canzone, mi ci sono imbattuta senza intenzione. Il testo, a grandi linee racconta:
Ho sposato me stesso,
siamo molto felici insieme.
Lunghe passeggiate sulla spiaggia,
cene a lume di candela.
Bei momenti.
Questa volta durerà, 
durerà per sempre.

L'autore è Sparks, che mai avevo sentito prima; a giudicare da altri brani ascoltati, sospetto sia un personaggio notevole.
Tuttavia, sperando che Mister Scintille non se ne risenta, non è di lui che intendo parlare.
La canzone mi ha fatto pensare a tante cose, un'insalata di pensieri sui rapporti amorosi e sui disturbi delle nostre menti.

Ricordo che tantissimi anni fa, quando ancora il mio squilibrio rientrava nel range dell'eccentricità - invitata ideale per feste e cene di gruppo - la commessa di un negozio mi confidò che intendeva lasciare il fidanzato perché questo pover'uomo soffriva di attacchi di panico e, di conseguenza, le risultava sempre impossibile organizzare una lunga vacanza in qualche paese esotico. 
Si era in prossimità dell'estate, ossia del periodo in cui non avere un itinerario pronto suona come un delitto (di cui mi macchio volentieri).

Ai tempi sapevo quasi niente di DAP, ma conclusi la conversazione con una frase antipatica del tipo "Non lo ami, punto. Diglielo senza scuse del c... I viaggi c'entrano nulla, in Birmania ci puoi andare pure da sola, in caso contrario quella che ha problemi sei tu". 
Non la prese bene, cambiai negozio. Chissà, forse inconsciamente già prevedevo il mio futuro segnato, tra l'altro, dall'incapacità mentale di organizzare un viaggio in Birmania.

Nota 1: l'amore non necessita di panorami ameni: si può tranquillamente abbandonare la Pagoda Shwedagon per ammirare la bellezza di un tramonto sul Po.

Saltando di qualche anno, quando ormai ero in cura perché da "strana" ero scivolata nello squilibrio patologico, chiesi al mio psichiatra per quale motivo risultassi più attraente agli uomini da quando mi ero ammalata, con annessa magrezza, occhio folle, capelli con taglio militare e discutibile igiene personale.
Prima ero carina; parecchio carina, se mi passate l'immodestia. 
Non mi capacitavo di quanti ragazzi, anche solo nel tragitto tra casa e ambulatorio psichiatrico, mi invitavano a prendere un caffè o altro. Ai quali, peraltro, rispondevo sbraitando o scoppiando in un pianto irrefrenabile. Eppure loro insistevano.
Lo psichiatra mi disse che alcuni uomini (non pochi) associano la malattia mentale con un'inusuale scioltezza, dissolutezza morale e incontinenza sessuale.

Nota 2: i disturbi mentali non trasformano le persone in contorsioniste e l'ipersessualità cozza parecchio con farmaci che spesso, per anni, tocca ingollare (ansiolitici, antipsicotici, antidepressivi. Soprattutto antidepressivi); c'è scritto anche sui bugiardini: "alterazione della libido"... che, guarda un po', non ho mai sentito alterarsi in eccesso.

Non sono una donna che disprezza gli uomini: li trovo adorabili, preferisco il loro carattere a quello di molte donne. I miei migliori amici sono maschi e, pochi giorni fa due signore mi hanno definita sessista e financo maschilista, per dire; per dire anche quanto la gente tenda a sparare stereotipi a random. Però, in quel periodo, a causa di quella stramba esperienza, mi disgustavano un pochetto (chiedo scusa ai signori qui presenti che, ne sono certa, sono deliziosi).

Ancora in fase maniaco-depressivo iniziai una storia: lui scappò a causa delle mie prolungate assenze in presenza: stavo zitta, lui non parlava e allora mentalmente mi spostavo altrove, a volte sobbalzavo accorgendomi di non essere sola. Parrà strano, perché sembro una chiacchierona, ma ancora adesso preferisco ascoltare che parlare. Vado pazza per chi ha tanto da raccontare; la trama non è importante, ciò che conta è lo stile. 
Poi quel "sembri sempre triste"... e grazie! Soffrivo di depressione maggiore: non sembravo triste, ero perennemente angosciata.

Arrivò un altro, storia lunga. Ogni tanto spariva, io non lo cercavo  (depressione unita a stanchezza infinita) e questo lo mandava in bestia. Uomo complesso, un filino facile agli scatti d'ira immotivata (almeno per me). Carattere difficile che valutai come un valore aggiunto, fino a quando mi espose la sua teoria: gli attacchi di panico e la depressione sono contagiosi. Il tutto supportato da un'unica incontrovertibile prova: aveva avuto un attacco di panico e l'evento lo aveva un po' depresso.
Era colpa mia: contagio, epidemia, complicato baciarsi con la mascherina.

Nota 3: MAI (ed è un mai maiuscolo e in grassetto) permettere a qualcuno di piantare in noi il senso di colpa per qualcosa che esula dalla nostra volontà.

Tirando le somme ora ho compreso che ad alcuni sono piaciuta perché ero forte quando sembravo forte, ad altri quando ero debole perché debole lo ero veramente.
Chissà se qualcuno si è avvicinato a me perché ha compreso chi e come sono realmente? Non lo so e non ci perdo il sonno.

Comunque sia, con la malattia (disturbo, se preferite) ho iniziato a drogarmi di solitudine, prima in modiche quantità, poi aumentando il dosaggio. 
Così, da quando sto meglio, e potrei uscire, vedere gente, fare cose, preferisco stare sola e la solitudine è una compagna di cui ci si innamora, diventa difficile lasciarla. E' un vizio, una droga, bisogna starci attenti.
Lei mi fa capire che finalmente mi voglio bene. E lo so che i saggi affermano che se non ami te stesso non puoi amare gli altri; avranno pure ragione, ma quando inizi ad amare te stesso diventi esigente e selettivo, non bastano più un bel faccino e un paio di riflessioni argute (posto che bastassero già prima).

Qualcuno cerca la perfezione, che è una roba che non fa per me. Non ha mai fatto per me. Tra l'altro, sospetto non esista, ma è meglio non farlo sapere in giro.
In realtà, ho sempre cercato qualcuno che mi facesse sentire a casa, senza trucco e non in senso letterale. 
E' difficilissimo, fateci caso.
Forse c'è stato, ma poi è uscito fuori che era una casa in cui non si poteva fumare.

Così, mi sento un po' come in quella canzone: I married myself, this time it's gonna last forever.



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