Normale? A volte pare di sì
Come chiunque (credo) tenda a coltivare paranoie sulla propria salute mentale, spesso mi ritrovo a chiedermi cosa sia normale e cosa no. Mi pare d'essere sempre sulla linea del no, almeno osservando gli altri.
A volte, però, mi ritrovo in situazioni che mi tranquillizzano. Ora ve ne racconto una.
La storia è questa.
Sono nel negozio del kashmiro, che ormai è diventato il mio figliolo adottivo all'insaputa delle autorità.
Ve ne ho già parlato, ma più di un anno fa; casomai vi tornasse utile rinfrescarvi la memoria cliccate QUI
Sono alle prese con la compilazione online di un documento per stranieri che se fosse scritto in sumero antico risulterebbe più comprensibile.
C'è anche l'amico del kashmiro, ossia un romeno che ha sempre l'aria di divertirsi un mondo, e forse lo fa.
Mentre sacramento contro le complicanze da documentazione ostica, parliamo di cucina. Ognuno elogia piatti tipici che gli altri non conoscono; insomma, la classica Babele, ma ci si sta allegramente, come a casa se la casa fosse allegra.
Come una folata di vento, di quelle che ti sconquassano tutti i fogli sulla scrivania, entra la nuova inquilina del palazzo conosciuta come "La brasiliana".
E' un pezzo di marcantonio alta circa un metro e ottanta, con piedi che tornerebbero utili in montagna in assenza di sci e un outfit (parola che ho imparato da poco) che poco si adatta ai 5 gradi che ci sono fuori.
Minigonna, calze a rete su gambe da calciatore, maglietta attillata e parecchio scollata sostenuta da capezzoli che puntano verso nord. Pomo d'Adamo d'ordinanza.
Ho conosciuto trans bellissime; non è questo il caso, ma chi se ne frega; a vederla, lei si piace ed è questo che conta.
Chiede, con inflessione portoghese e voce tenorile, una confezione di birra; paga e se ne va.
Il kashmiro ci informa che quella è "La brasiliana".
- E' un uomo - dice il romeno.
- No, no - afferma timidamente il kashmiro.
Poi mi guarda, io annuisco.
Lui continua a scuotere la testa e mi pare confuso.
- Ha la... - non gli viene la parola e allora prende il traduttore simultaneo che abbiamo installato sul telefonino e con il quale ormai parla come se fosse il suo migliore amico.
- Gonna! - dice tutto contento.
- Lo so, ma è comunque un uomo - gli spiego, e torno ai moduli che, a questo punto, sto pensando di stampare, strappare, sputarci sopra e spedire al Ministero con raccomandata (e ricevuta di ritorno).
Sento il romeno ridere.
Li guardo: uno sta scivolando dalla sedia e l'altro è in piedi, rigido, con il viso arrossato.
- Ha la gonna - insiste a bassa voce il kashmiro.
- Tesoro, io ho i pantaloni... sono un uomo?
Ci pensa un po'.
- No - confessa.
- E allora ci sono uomini con la gonna - sono troppo impegnata a tradurre il burocratese per spiegargli i meccanismi di libertà d'espressione sessuale; e comunque lui faticherebbe a capire, non solo per via del gap linguistico.
- E' proprio semplice di testa - mi dice il romeno che continua a ridere.
- Non è abituato - aggiungo io.
- Ma... ma... davanti... - il kashmiro, ormai paonazzo, mima la vastità del petto.
Il romeno è quasi seduto a terra, non si riprende dall'attacco di ridarolla:
- Ha le tette ma c'ha anche altro sotto la gonna.
Lancio un'occhiataccia al romeno, ma ormai non c'è più nulla da salvare.
- Non capisco - ci aggiorna il kashmiro che mi pare confuso più di me davanti ai moduli ministeriali.
Per fortuna scatta la suoneria dei 5 minuti di preghiera.
Il romeno viene invitato ad andarsene e io resto al computer osservando con la coda dell'occhio il mio figliolo che, voltato verso la Mecca (cioè in direzione Nichelino), bofonchia una cantilena in pakistano (presumo).
Ci sono momenti nella vita in cui non mi pare d'essere poi così strana.
La normalità è questione di punti di vista.
E di persone che si frequentano.
E di persone che si frequentano.
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