Alla ricerca della Mole perduta

Dov'è la Mole?
     Come già detto in precedenza, ho seri problemi di orientamento spazio-temporale-emozionale anche in zone che conosco - tipo sotto casa - e mi faccio prendere da attacchi d'ansia quando mi trovo in posti che suppongo di non aver mai frequentato. L'ansia acuisce lo stordimento e in un amen mi sento irrimediabilmente persa. Poi sale il panico... è un iter che conosciamo bene, inutile perderci tempo.

Quando mi perdo cerco la Mole. Anche di questo vi avevo già parlato nel pezzo Stephen King, fobie e la libreria che non ritroverò più (che potete trovare QUI, il pezzo, non la libreria, quella effettivamente è sparita).
E arrivo al punto, concedetemi solo un'altra brevissima digressione che, come vedrete, ha un suo perché: da qualche tempo, chi mi viene a trovare dimentica sempre qualcosa in casa mia. 
Inizialmente vi leggevo un intrinseco significato psicologico: vogliono tornare, mi dicevo. In seguito, anche in virtù dell'allarmante frequenza del fenomeno, ed escludendo la pista dell'Alzheimer collettivo (non esiste, non iniziamo a entrare in ipocondria), ho capito che forse si tratta di un modo subdolo e affettuoso (comunque subdolo) per farmi uscire da casa; soprattutto se ti lasciano sul tavolo un farmaco salvavita, che poi è per curare la gastrite (non uccide ma dà parecchi grattacapi).
Un amico ha lasciato qui le scarpe ed è uscito con un paio di mie ciabatte in spugna; non ha detto niente fino a che non l'ho chiamato io per segnalargli il ritrovamento delle calzature; non aggiungo altro.

Giusto ieri, la mia amica Maria Cristina (in queste pagine compare spesso con l'alias "la veterinaria", che poi è il suo lavoro, non invento niente), ha "dimenticato" sul tavolo le sue gocce ad assunzione preprandiale. Stamattina iniziava un turno lungo circa seimila ore, era in ritardo e comunque ho proposto io di portarle la medicina, altrimenti me la saltava per due giorni di fila e con i farmaci non è mai una buona cosa, dicono.

Sono salita su un'auto che stava tentando il suicidio sotto il sole delle 11 e 30, e infatti ho dovuto coccolarla per un quarto d'ora per farla partire. Ho ringraziato tutti gli dei della tradizione occidentale e orientale per aver ricevuto in dono uno smartphone con vetro rotto (funziona benissimo, non ci si può fare i selfie ma questo mi pare un valore aggiunto) e app GoogleMaps; prima dell'avvento di questa applicazione, nella mia auto, in luogo di tappetini puliti, si trovavano fogli di stradari talmente vecchi che, a ben guardare, si scorgeva ancora il Tempio di Iside in Piazza Vittorio; ho rischiato incidenti seri per cercare una piazza sotto il pedale del freno.

Eravamo rimasti alla veterinaria smemorata, che ovviamente lavora dall'altra parte della città.  Per arrivarci, ci sono arrivata; non ci piove. Festeggiamenti, scatto di foto commemorativa, visita all'ambulatorio veterinario che, ho scoperto, mi fa ansia come un qualsiasi ospedale.
Ora di tornare indietro, seppur confortata dall'idea che il più era fatto, mi si è scaricato il telefono e ho iniziato a girare in tondo, aiutata peraltro da un buon numero di rotatorie confondenti.

La Mole non si vedeva. 
Ho letto, dopo una frenata timidamente brusca (per via dei copertoni lisci) e una sinfonia di clacson, d'essere in Corso Belgio: in effetti potevo benissimo trovarmi a Bruxelles, per quel che ne sapevo.
Ehm, imbarazza un po' confessarlo, ma in auto tengo anche una bussola... per le emergenze, ovvio. Mi sono fermata, e dopo un'altra occhiata speranzosa alla ricerca della punta con stella del monumento, ho guardato l'ago della bussola che puntava verso nord. Ecco l'errore! Corso giusto, direzione sbagliata.
Inversione a U, rito druidico per tenere lontani i vigili, altra orchestra di clacson, qualche chilometro ed ecco comparire, laggiù in fondo, tra i rami degli alberi e la rete di cavi sospesi in aria, dal lato opposto a un ripetitore che pareva la Torre Eiffel (per un attimo ho temuto di aver sbagliato strada di parecchio), la sagoma grigiastra della Mole (più modesta rispetto al suddetto ripetitore).
E dire che avevo già la mano nella borsa che roteava tipo frullatore alla ricerca del blister di Xanax.

Tutti noi, nella vita, abbiamo bisogno di punti di riferimento.
C'è chi ha la famiglia, chi il lavoro... io ho la Mole Antonelliana.

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