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Visualizzazione dei post da maggio, 2020

Ne usciremo migliori? Ciau bale!

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Erano i primi giorni. Il vento dell'est, sotto forma di giramondo che avevano fatto almeno uno scalo in Cina, aveva portato dentro i nostri confini il virus che si aggirava come la molecola di sodio nell'acqua: "C'è qualcuno?"; a differenza dello sferoide con voce petulante dello spot, ha trovato un casino di gente. Erano i primi giorni, dicevo, ed eravamo tutti annichiliti, scioccati, insomma ci si cagava addosso dalla paura. Allora ci si sentiva uniti, ci si voleva bene come manco a Natale. Che meraviglia! Potendo, ci saremmo uniti in un unico, sincero e avvolgente, abbraccio planetario... ecco, magari ai milanesi, ai cinesi e ai coreani avremmo mandato una mail affettuosa in luogo del reale contatto umano, ma loro all'inizio facevano più paura degli altri. Ma ci si voleva bene, alla partenza della Fase 1. Per una settimana, forse due, siamo usciti sui balconi a salutare sconosciuti o gente mai considerata, che anzi prima ci stava persino antipati

Qui c'è roba buona: Più dentro che fuori

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Oggi vi parlerò di un libro, talmente bello che verrebbe da dedicargli un sonetto, di cui ho sentore di avervi già accennato di sfuggita. Il fatto che ne sia io l'autrice non inficia minimamente il suo valore intrinseco, anzi lo rafforza perché la mia autostima è incagliata in abissi tanto profondi che non potete nemmeno immaginare. "Più dentro che fuori", edito da Morellini (persona incredibilmente sagace e sempre sul pezzo anche l'editore), narra le vicende di una donna stanca d'essere imprigionata tra le mura di casa che, un mattino decide di partire per Dublino guidando una vecchia auto debole di motore. Vi ricorda qualcosa? Ebbene, il romanzo è stato scritto, pubblicato e uscito in libreria in tempi non sospetti (oddio, quando è uscito il virus c'era già, ma si aggirava timidamente a tastare il terreno); ma chi scrive con profondità di spirito, coniugata con un'intelligenza che rasenta la genialità - autostima bassa a parte - fini

Tutti fuori! O quasi.

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Finito il lockdown! Tutti in strada, avanti! E' una parola. Troppi punti esclamativi, per i miei gusti. Non è che temo che lo scampato pericolo non sia così tanto scampato (ma su questo non voglio aprire discussioni perché non sono un virologo, e anche loro mi paiono un po' confusi), il problema è un altro. I l problema è che se prendi un'agorafobica in via di miglioramento sintomatico e la chiudi in casa, quindi le aggiungi altre questioncelle su cui preoccuparsi - nello specifico, una pandemia (mica un doloretto al ginocchio) - si rischia il sovraffollamento di paranoie che sono contagiosissime; non c'è mascherina che tenga. E tutti quei pensieri molesti, che prima si evitavano tuffandosi di testa nel lavoro o delegando l'attività speleologica allo psicoterapeuta, ricompaiono in fila disordinata: una calca di malinconia, recriminazioni, rabbie represse e sensi di colpa (c'è parecchia altra roba, ma non amo gli elenchi infiniti) che, a lungo andare, t

Un esercizio positivo

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Oggi, festa dei lavoratori, sono qui con voi. Nulla può ostacolare il nostro programma di recupero della piena serenità mentale, men che meno una festa che purtroppo a molti di noi pare non appartenere più da circa due mesi. Personalmente la serenità mentale non l'ho raggiunta, ma confido nelle vostre capacità che certamente sono superiori; ora non fatevi prendere da un attacco di presunzione: per superare le mie ci vuole veramente pochissimo, uno sforzo minimo come sollevare un granello di sale. Sarò breve, non mi perderò in inutili preamboli (già fatto), non tergiverserò fino a perdere del tutto il filo. Quindi devo essere rapidissima, perché già vedo il gomitolo allontanarsi. Una persona matura e paziente, un giorno (in cui ero particolarmente depressa e quindi abulica) mi ha suggerito un esercizio semplice e carino che, soprattutto, non porta via tempo. Poi, ci ho aggiunto qualche dettaglio qua e là, pur cercando di non rovinare l'ambientazione minimalista.