Estate è un flauto di Pan

 E' iniziata l'estate.

Non è questione di clima o di abbigliamento smanicato e piedi in sandali da frate.
No, per me l'estate inizia con il notturno sfracassamento di didimi da parte di allogeni sudamericani.
Non che li trovi così fastidiosi (almeno non più di qualsiasi altro essere umano), è la musica che dopo un po' mi solleva l'impulso di spaccare qualche charango e pure un paio di flauti di Pan.

E' che lavoro di notte, festivi compresi e spesso, troppo spesso, c'è un gruppetto che si piazza con sedie, bottiglie (tante bottiglie) e qualche snack a chiacchierare, sulla strada, con musica proveniente da un'autoradio particolarmente brillante nelle prestazioni.
Ovviamente, ai fini di un dialogo costruttivo, a loro tocca sovrastare la musica, e allora urlano un po'. Ma sono allegri, non litigano, questo va detto; e lo apprezzo.

Stanotte sono solo in due, sembrano in spiaggia per il falò di mezzanotte (per fortuna non hanno acceso fuochi).
Bottiglie sul marciapiede, buste e sacchetti sparsi senza un minimo di simmetria.

Alle due e mezza, mi affaccio per presentare loro qualche argomentazione, ma uno è impegnato a mingere contro un'auto.
Per rispetto della privacy, per non bloccare il flusso abbondante col rischio di cagionargli futuri disturbi prostatici, e soprattutto perché l'auto non è la mia, attendo.

Ritirano le sedioline e stanno per andarsene. E lì attacco.
"Hombres", urlo.
Mentre sollevano la testa barcollano, per un attimo penso di doverli andare a raccattare da terra, e non ne ho proprio voglia, ho il mal di schiena.
"Hombres", ripeto perché guardano la volta celeste con lo stupore e l'estasi di chi sente la chiamata dal Cielo.
"Limpie ahora. No lo haré mañana".
Pronuncio male, sparo parole che mi arrivano da qualche vecchio ricordo: non sono portata per lingue straniere; mi capita di vacillare anche con l'italiano, per dire.
"Tranquilla, signora. Pulisco io", mi dice a bassa voce, evidentemente per non disturbare il vicinato, quello che dei due sta in piedi senza bisogno di un tutore.
Lo fa, e avverto quasi un moto di gratitudine.

E ora, dopo nemmeno dieci minuti di silenzio, c'è qualcuno che sta ascoltando, e condividendo l'esperienza con l'isolato, l'estone dell'espresso macchiato.
Poi la gente mi chiede perché amo l'inverno.



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